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Vedere ed essere visti.

Auto elettrica, una risorsa (oltre che un dovere) contro la crisi post covid-19

Gli stimoli all’economia si possono e si devono conciliare con politiche green. A partire dalla mobilità. Ecco come.

 

I piani per lo sviluppo dell’auto elettrica sono fondamentali per costruire un futuro sostenibile e devono proseguire. La crisi economica post pandemia, i cui effetti sono già ampiamente visibili in tutto il mondo, non dev’essere usata come pretesto per vanificare quanto fatto finora. Impensabile tornare indietro, in particolare per le conseguenze che potrebbero esserci nelle città, ovvero i luoghi che più di tutti potrebbero beneficiare della diffusione di massa dell’auto a batterie. È infatti nei contesti più trafficati che l’inquinamento atmosferico si trova alle massime concentrazioni. Ed è proprio qui che l’azzeramento - allo scarico - delle emissioni diventa più importante.

 

Dalla salute all’economia

Prima di proseguire con considerazioni di carattere tecnico, occorre fare una premessa. Il punto in cima alle agende di chi ci governa (in tutto il mondo) e il primo interesse di noi cittadini dovrebbe essere la salute, nostra e del pianeta in cui viviamo. In realtà, sono ancora gli indici economici a guidare la maggior parte delle decisioni prese a vari livelli, mentre è proprio sul piano della sostenibilità che vale la pena spostare l’attenzione e fare leva. In che modo? Questo: crescita economica e sostenibilità ambientale non sono antitetiche. Anzi, è vero il contrario. 

 

L’auto elettrica come volano della green economy

Ovviamente l’auto elettrica è solo una parte della green economy, ma può esserne componente importante, rappresentando un volano per il suo sviluppo. Da una parte infatti c’è il volume d’affari diretto, legato anche a formule differenti dall’acquisto, come il canone mensile, proprio come accade con la Opel Corsa-e. Dall’altra, non bisogna dimenticare l’indotto generato dal miglioramento e dall’ampliamento dell’infrastruttura di ricarica, necessario soprattutto in Paesi come l’Italia. E se queste possono sembrare considerazioni un po’ utopistiche, c’è da considerare che esistono progetti internazionali che vanno in questa direzione. Ad esempio, il Piano per la Crescita Finanziaria Sostenibile stilato dalla Commissione europea. Un progetto molto dettagliato che, a quanto pare (e per fortuna), non verrà messo in discussione dalla crisi legata alla pandemia.

 

Investimenti sostenibili in aumento anche in Italia

Venendo all’Italia, è da registrare il record di investimenti green nel 2019, anno in cui raggiungono la quota del 21,5% del totale, per un valore assoluto di quasi 300mila imprese e di 7,2 punti superiore a quanto registrato nel 2011 (secondo le analisi di Unioncamere http://www.unioncamere.gov.it/P42A4292C160S123/unioncamere-symbola--435mila-imprese-italiane-negli-ultimi-5-anni-hanno-investito-sulla-green-economy.htm). E se le aziende investono in un determinato settore, nella maggior parte dei casi è perché ci vedono margini di guadagno, non per filantropia.

 

Chi vuole “fermare” l’auto elettrica

Ma davvero c’è qualcuno che vuole “mettere i bastoni tra le ruote” alle auto a batteria? La risposta è sì e, purtroppo, si tratta del Paese economicamente più potente del mondo: gli Stati Uniti. I corrispettivi del ministero dei trasporti e dell’ambiente degli Usa hanno infatti rivisto al ribasso il “fuel standard” varato dall’amministrazione Obama. In pratica, si passa dall’obiettivo (da raggiungere entro il 2025) di 22,9 km/l di consumo medio della flotta di un costruttore, a 17 km/l. Un provvedimento che, secondo i calcoli effettuati dal New York Times (https://www.nytimes.com/2020/03/30/climate/trump-fuel-economy.html), permetterebbe al parco circolante americano di emettere circa un miliardo di tonnellate in più di ossidi di carbonio rispetto a quanto previsto dagli standard dell’amministrazione Obama (e centinaia di milioni di tonnellate in più rispetto ai limiti europei). Abbassando questa soglia, è chiaro che le aziende avranno una motivazione in meno per spingere in direzione dell’elettrico. 

 

Il caso cinese

La scelta degli Usa è “bilanciata” da quanto fatto in Cina: per stimolare un mercato in forte contrazione causa Covid-19, il governo ha messo in campo incentivi molto forti per l’acquisto di nuove auto elettriche. Stando a un’indiscrezione di Bloomberg, però, non solo gli incentivi sarebbero più bassi del 10% rispetto alle misure “a pioggia” precedentemente adottate, ma gli standard per goderne sarebbero più rigidi. 

 

Indietro non si torna

C’è un altro fattore che spinge in favore dell’“indietro non si torna” rispetto all’auto elettrica. Ed è molto pratico: i maggiori gruppi automobilistici hanno messo in campo investimenti di grandezza colossale per lo sviluppo delle auto a batteria, l’elettrica al 100% ma anche l’ibrida plug-in. Si pensi a PSA, che offre una variante totalmente elettrica per (quasi) ogni modello di segmento B dei suoi marchi e ha già piani ben precisi per un’ulteriore espansione. Prendiamo alcuni esempi a marchio Opel: la già citata Corsa-e verrà affiancata a breve dalla nuova Mokka, il B-SUV. Guardando alla parte alta della gamma, invece, spicca la Grandland X Hybrid4, ovvero ibrido plug-in. Senza dimenticare che già a partire da quest’anno anche i veicoli commerciali iniziano la virata verso l’elettrico: il primo sarà il Vivaro, seguito poi dal Combo Cargo (2021). Entro il 2024, tutte le vetture e i veicoli commerciali del marchio tedesco avranno una variante a batterie